(en italiano)
Riceviamo e
diffondiamo alcune riflessioni sull'incontro nazionale sull'operazione repressiva Ardire:
All’intensificarsi della morsa repressiva, riteniamo sia importante incontrarsi fra compagni per ragionare su alcune questioni di cui sarebbe importante discutere e confrontarsi. Avendo saputo tardi dell’incontro che si terrà a Firenze, noi non potremo partecipare. Ma le modalità con cui è stata chiamata quest’assemblea hanno lasciato in noi parecchie perplessità di cui vorremmo farvi partecipi.
Tanto per cominciare, non capiamo perché gli organizzatori di quest’incontro, non si siano preoccupati di contattare i compagni che sono stati fatti oggetto dell’attenzione sbirresca, proprio nell’inchiesta di cui sostengono di voler discutere. Non sappiamo da quale valutazione sia dettata questa scelta e vorremmo esserne fatti partecipi.
Il tipo di chiamata poi ci lascia veramente sbalorditi. Non uno straccio di testo che accompagni l’appuntamento fissato. Se non una bozza di analisi della situazione, che al limite potrebbe essere fatta collettivamente nell’assemblea, almeno ci saremmo aspettati di essere messi al corrente di quali siano le basi su cui si desidera incontrarsi, oltre ad apprendere che il menù sarà vegano. Ciò ci fa presumere – ma speriamo di sbagliarci – che l’attenzione sarà incentrata, come al solito, solo su alcuni aspetti di carattere tecnico, ossia: preoccuparsi di organizzare una raccolta di soldi tramite concerti e cene benefit, organizzare una serie di presidi sotto il carcere in cui stanno rinchiusi i compagni e, per concludere il copione che si è soliti porre in atto in queste circostanze, preparare e diffondere un manifesto in solidarietà con gli arrestati e gli indagati. Ma se queste sono le attività che solitamente il movimento mette in atto, non è detto che siano le cose più importanti da discutere. Riteniamo, che limitarsi a seguire un cliché ormai noto e assai scarso di prospettive, non sia il modo più appropriato di porsi davanti alla questione, ma che al contrario, urga la necessità di ricominciare ad interrogarsi sulle varie questioni che la realtà ci pone davanti, per scoprire e riscoprire quelle pratiche, che possano contenere di già quei fini a cui aspiriamo, e perché il nostro non sia un fare per il fare, ma un agire cosciente lontano da una qualsiasi logica da militanza.
Ciò che ci preme, in questo momento, sarebbe avere la possibilità di discutere. Proprio perché non abbiamo delle soluzioni da fornire sul da farsi, né tanto meno siamo alla ricerca di indicazioni operative che siano valide per tutti, sentiamo la necessità impellente di un confronto su svariate questioni, che partano dalle ultime vicende repressive ma che non debbano necessariamente limitarsi ad esse, dato che la repressione è solo uno degli aspetti che ci costringono ad un’esistente così misero, e che non riteniamo possa essere risolto separatamente. Non crediamo che lo scopo di una tale iniziativa dovrebbe essere quello di trovare una risposta da dare alla repressione, perché ciò, riteniamo, ci condurrebbe su una falsa strada. Creare o farsi trascinare in un rapporto dialettico con lo Stato, a nostro avviso non è ciò che gli anarchici dovrebbero fare. Da nemici giurati di una qualunque autorità, pensare di dover rispondere alla repressione, equivarrebbe a farsi trascinare su un terreno di scontro stabilito da altri, cosa che non ci è assolutamente congeniale da nessun punto di vista. Con questo non si intende voler ignorare ciò che la realtà ci pone davanti, ma non farsi dettare da questa tempi, luoghi e modalità con cui intervenire sull’esistente, perché fare questo significherebbe porsi di già come perdenti.
Ancora. Perché occuparsi separatamente dell’operazione Ardire? In questi ultimi tempi, purtroppo, non mancano i compagni che in vario modo sono stati fatti oggetto delle attenzioni sbirresche, e vari sono quelli in carcere. Da inchieste più o meno “bizzarre”, dai fatti del G8, alla lotta in Val Susa per arrivare alle ultime operazioni, lo Stato ha incrementato le proprie attenzioni “particolari” sugli anarchici ed altri ribelli. Se per sua necessità suddivide gli arresti, variando le motivazioni ed i contesti, perché noi dovremmo fare altrettanto? Perché seguire la strada che lo Stato ci pone davanti seguendo incasellamenti e inquadrature a noi estranee?
È tempo di “fermarsi” a riflettere, è tempo di trovare delle soluzioni pratiche che non siano dettate dal caso, dal pressapochismo o dalla volontà di ripercorrere i sentieri ben noti, solo perché in una qualche misura rasserenanti. La logica dell’urgenza, troppo spesso spinge su questi percorsi, lasciando spazio solo alla rappresentazione di un copione già scritto. La dimensione riflessiva, quindi teorica e critica è sempre più spesso bollata come inutile e del tutto secondaria rispetto alla pratica, quando non addirittura dannosa. Per noi non vi può essere azione, neanche la più semplice, che non sia indissolubilmente guidata da un pensiero, un’analisi, da una prospettiva. Siamo ancora persuasi che debba esistere un imprescindibile legame fra Pensiero e Azione, e che solo questo ci possa condurre la dove desideriamo, in un mondo in cui l’individuo sia libero da una qualsiasi autorità, collettiva o elitaria che sia.
Ci auguriamo che queste poche righe, appunto perché critiche, possano essere un utile contributo a questa ed a future discussioni.
Non consideriamo utile firmarci, affinché vengano prese in considerazione le idee, anziché coloro che le espongono.
Individualità anarchiche
All’intensificarsi della morsa repressiva, riteniamo sia importante incontrarsi fra compagni per ragionare su alcune questioni di cui sarebbe importante discutere e confrontarsi. Avendo saputo tardi dell’incontro che si terrà a Firenze, noi non potremo partecipare. Ma le modalità con cui è stata chiamata quest’assemblea hanno lasciato in noi parecchie perplessità di cui vorremmo farvi partecipi.
Tanto per cominciare, non capiamo perché gli organizzatori di quest’incontro, non si siano preoccupati di contattare i compagni che sono stati fatti oggetto dell’attenzione sbirresca, proprio nell’inchiesta di cui sostengono di voler discutere. Non sappiamo da quale valutazione sia dettata questa scelta e vorremmo esserne fatti partecipi.
Il tipo di chiamata poi ci lascia veramente sbalorditi. Non uno straccio di testo che accompagni l’appuntamento fissato. Se non una bozza di analisi della situazione, che al limite potrebbe essere fatta collettivamente nell’assemblea, almeno ci saremmo aspettati di essere messi al corrente di quali siano le basi su cui si desidera incontrarsi, oltre ad apprendere che il menù sarà vegano. Ciò ci fa presumere – ma speriamo di sbagliarci – che l’attenzione sarà incentrata, come al solito, solo su alcuni aspetti di carattere tecnico, ossia: preoccuparsi di organizzare una raccolta di soldi tramite concerti e cene benefit, organizzare una serie di presidi sotto il carcere in cui stanno rinchiusi i compagni e, per concludere il copione che si è soliti porre in atto in queste circostanze, preparare e diffondere un manifesto in solidarietà con gli arrestati e gli indagati. Ma se queste sono le attività che solitamente il movimento mette in atto, non è detto che siano le cose più importanti da discutere. Riteniamo, che limitarsi a seguire un cliché ormai noto e assai scarso di prospettive, non sia il modo più appropriato di porsi davanti alla questione, ma che al contrario, urga la necessità di ricominciare ad interrogarsi sulle varie questioni che la realtà ci pone davanti, per scoprire e riscoprire quelle pratiche, che possano contenere di già quei fini a cui aspiriamo, e perché il nostro non sia un fare per il fare, ma un agire cosciente lontano da una qualsiasi logica da militanza.
Ciò che ci preme, in questo momento, sarebbe avere la possibilità di discutere. Proprio perché non abbiamo delle soluzioni da fornire sul da farsi, né tanto meno siamo alla ricerca di indicazioni operative che siano valide per tutti, sentiamo la necessità impellente di un confronto su svariate questioni, che partano dalle ultime vicende repressive ma che non debbano necessariamente limitarsi ad esse, dato che la repressione è solo uno degli aspetti che ci costringono ad un’esistente così misero, e che non riteniamo possa essere risolto separatamente. Non crediamo che lo scopo di una tale iniziativa dovrebbe essere quello di trovare una risposta da dare alla repressione, perché ciò, riteniamo, ci condurrebbe su una falsa strada. Creare o farsi trascinare in un rapporto dialettico con lo Stato, a nostro avviso non è ciò che gli anarchici dovrebbero fare. Da nemici giurati di una qualunque autorità, pensare di dover rispondere alla repressione, equivarrebbe a farsi trascinare su un terreno di scontro stabilito da altri, cosa che non ci è assolutamente congeniale da nessun punto di vista. Con questo non si intende voler ignorare ciò che la realtà ci pone davanti, ma non farsi dettare da questa tempi, luoghi e modalità con cui intervenire sull’esistente, perché fare questo significherebbe porsi di già come perdenti.
Ancora. Perché occuparsi separatamente dell’operazione Ardire? In questi ultimi tempi, purtroppo, non mancano i compagni che in vario modo sono stati fatti oggetto delle attenzioni sbirresche, e vari sono quelli in carcere. Da inchieste più o meno “bizzarre”, dai fatti del G8, alla lotta in Val Susa per arrivare alle ultime operazioni, lo Stato ha incrementato le proprie attenzioni “particolari” sugli anarchici ed altri ribelli. Se per sua necessità suddivide gli arresti, variando le motivazioni ed i contesti, perché noi dovremmo fare altrettanto? Perché seguire la strada che lo Stato ci pone davanti seguendo incasellamenti e inquadrature a noi estranee?
È tempo di “fermarsi” a riflettere, è tempo di trovare delle soluzioni pratiche che non siano dettate dal caso, dal pressapochismo o dalla volontà di ripercorrere i sentieri ben noti, solo perché in una qualche misura rasserenanti. La logica dell’urgenza, troppo spesso spinge su questi percorsi, lasciando spazio solo alla rappresentazione di un copione già scritto. La dimensione riflessiva, quindi teorica e critica è sempre più spesso bollata come inutile e del tutto secondaria rispetto alla pratica, quando non addirittura dannosa. Per noi non vi può essere azione, neanche la più semplice, che non sia indissolubilmente guidata da un pensiero, un’analisi, da una prospettiva. Siamo ancora persuasi che debba esistere un imprescindibile legame fra Pensiero e Azione, e che solo questo ci possa condurre la dove desideriamo, in un mondo in cui l’individuo sia libero da una qualsiasi autorità, collettiva o elitaria che sia.
Ci auguriamo che queste poche righe, appunto perché critiche, possano essere un utile contributo a questa ed a future discussioni.
Non consideriamo utile firmarci, affinché vengano prese in considerazione le idee, anziché coloro che le espongono.
Individualità anarchiche
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