“Morte alla civilizzazione
Morte alla società tecnologica
Lunga vita alle CCF
Lunga vita alla FAI/FRI
Viva l’internazionale nera!
Viva l’anarchia!!
Alfredo Cospito”
Del texto reivindicativo del compañero
Alfredo Cospito.
Desde acá queremos expresar nuestra
solidaridad total ( y nuestra más negra afinidad) con los compañeros Alfredo
Cospito y Nicola Gai.
Rojoscuro
***
El 30 de
Octubre del 2013 los compañeros anarquistas Alfredo Cospito y Nicola Gai
llegaron al Tribunal de Genova desde sección de Alta Seguridad de la prisión de
Ferrara a enfrentar el primer día de juicio en el marco de un procedimiento
abreviado por el Gambizzato al empresario nuclear Roberto Adinolfi el 7 de Mayo
del 2012.
Distintos
compañeros anarquistas se congregaron a solidarizar con Alfredo y Nicola a
las afueras del tribunal, mientras se extendían distintas medidas de seguridad
tanto afuera como adentro del Tribunal.
Al ingresar a
la sala los compañeros no fueron encerrados en las usuales “jaulas de
acusados”, sino que sentados frente al tribunal donde no mostraron respeto
alguno a la sucia autoridad
Los
miserables perseguidores, el fiscal Nicola Piacente y Silvio Franz solicitan la
condena de 12 años para Alfredo y 10 para Nicola.
El compañero
Alfredo comenzó a leer el comunicado donde asumía la responsabilidad política
del disparo contra Adinolfi, siendo interrumpido en varias ocasiones por la
jueza del tribunal. Los compañeros solidarios comenzaron a insultarla para que
dejara leer a Alfredo, gritándole: Fascista!.
Tras un señal
de la nueva inquisidora moderna, la policía se abalanzo sobre Alfredo y Nicola
para ser expulsados de la sala. Alfredo lanzo el comunicado y Nicola alcanzo a
señalar con gestos
que dejaría
su escrito en el mesón. Ambos fueron sacados con un fuerte contingente
policial, mientras levantaban los puños entre aplausos y gritos de solidaridad
por parte de los compañeros. En el texto cuentan que la pistola la
compraron en el mercado negro, los chequeos para llegar a la casa de Roberto
Adinolfi, y como enviaron la revindicacion. También los compañeros señalaron
que el miserable Adinolfi al recibir el disparo habría gritado: “Bastardos, se
quien los manda”
A
continuación unas breves citas de las declaraciones de Alfredo y Nicola,
esperamos que compañeros con más experiencia y habilidad en traducciones puedan
hacer una más fidedigna.
Alfredo Cospito:
“En una hermosa mañana de Mayo he
actuado, son las pocas horas que he disfrutado de la vida al máximo. Por una
vez he dejado atrás el miedo y la autojustificación y me aventuré por lo
desconocido”…
“Quiero ser muy claro: el núcleo Olga
FAI / FRI sólo yo y Nicola. Nadie más ha participado, colaborado , diseñado de
tal acción , nadie estaba al tanto de nuestro proyecto.”…
“Pero me pregunto qué es el
terrorismo? Un disparo efectuado, dolor intenso, una herida abierta o la
amenaza incesante continúa, una muerte lenta que devora por dentro. El terror
continúo, incesante, que una de sus plantas de energía nuclear vomiten en
cualquier momento la muerte y la desolación”…
“Estoy feliz de ser quien soy, un
hombre libre, aunque ” temporalmente” con cadenas”
A continuación
citas del texto de reivindicación de Nicola
Gai:
“Los únicos responsables de lo que
ocurrió en Génova, 7 de mayo de 2012, que soy yo y Alfredo. Nadie, incluyendo
amigos y compañeros, era consciente de lo que estábamos planeando”…
“Después de la catástrofe de
Fukushima, Alfredo me pidió que le ayudara en la realización de la acción
contra el ingeniero. Adinolfi, acepté sin dudarlo.”…
“Ahora que la experiencia del Núcleo
Olga llegó a su fin , lo único que puedo asegurar es que he encontrado nuevas
razones para alimentar mi odio y razones para querer la destrucción de lo
existente, la autoridad, la explotación y la destrucción de la naturaleza”
El 12 de
Noviembre seria el Veredicto contra ambos compañeros, la fiscalía sumo la
petición de un millón de euros como indemnización por daño inmaterial que
habría sufrido el Gobierno y el Ministerio del Interior.
Desde la
distancia, tras montañas y kilómetros de mar nos encontramos con la sonrisa en
la cara de Alfredo y Nicola ante el escuadrón de inquisidores: jueces,
periodistas, fiscales. Son las palabras escritas en la misma tinta negra, la
continuidad de aquellos/as compañeras/os que han enfrentado al dominio en
distintos tiempos y lugares, es la voz que continua pese a las torpes
pretensiones de autoridad la misma que se escucha en distintas partes del mundo
desoyendo las amenazas represivas.
Hoy la digna
rebeldía y animo de revuelta entraron al tribunal y salieron firmes, con puños
en alto
El
irrenunciable llamado es a no abandonar a los compañeros, a no dejarlos solo
ante el proceso y la venganza que el Estado arremete redactando las condenas y
acrecentando las investigaciones que pesan contra Alfredo, Nicola y su entorno.
¡Solidaridad Internacionalista con
Nicola Gai, Alfredo Cospito!
¡Solidaridad con los prisioneros
revolucionarios que se mantienen dignos en las cárceles del mundo!
***
Declaraciones
integras de los compañeros en italiano:
Dal ventre del Leviatano
«… i sogni
sono da realizzarsi qui nel presente e non in un ipotetico futuro, dato che
l’avvenire l’hanno sempre venduto i preti di qualsiasi religione o ideologia
per poterci impunemente derubare. Vogliamo un presente che meriti di essere
vissuto e non semplicemente sacrificato ad attesa messianica di un futuro
paradiso terrestre. Abbiamo per questo voluto parlare in concreto di
un’anarchia da realizzare ora, non domani. Il “tutto e subito” è una scommessa,
una partita che ci giochiamo dove la posta in gioco è la nostra vita, la vita
di tutti, la nostra morte, la morte di tutti…»
Pierleone
Mario Porcu
«La scienza è
l’eterno olocausto della vita fugace, effimera, ma reale, sull’altare delle
eterne astrazioni. Ciò che predico è quindi, la rivolta della vita contro il
governo della scienza.»
Michail
Bakunin
«Mentre
l’uomo si pavoneggiava e faceva il dio, un’imbecillità si abbatteva su di lui.
Le tecniche erano innalzate al supremo rango e, un volta ispallate sul trono
gettavano le loro catene sulle intelligenze che le avevano create. »
Edgar Allan
Poe
«L’impero
fondato sul niente nel quale regni sovrano sta crollando.
Non riesce a
sorreggere il peso della verità.
Ti consiglio
una dose massiccia di vita.
Ti consiglio
una dose massiccia di vita!
Almeno così
potrai dire di averla vissuta.»
Congegno
«Bastardi… so
chi vi manda!!!»
Roberto
Adinolfi
In una splendida
mattina di maggio ho agito ed in quelle poche ore ho goduto a pieno della vita.
Per una volta mi sono lasciato alle spalle paura e autogiustificazioni e ho
sfidato l’ignoto. In una Europa costellata di centrali nucleari, uno dei
maggiori responsabili del disastro nucleare che verrà è caduto ai miei piedi.
Voglio essere molto chiaro: il nucleo Olga FAI/FRI siamo solo io e Nicola.
Nessun altro ha partecipato, collaborato, progettato tale azione; nessuno
era a conoscenza del nostro progetto. Non permetterò che il mio agire, per
distogliere l’attenzione dal vero obiettivo dell’azione venga messo in un
osceno assurdo calderone massmediatico e giuridico fatto di “eversione
dell’ordine democratico”, “associazione sovversiva”, “banda armata”,
“terrorismo”; frasi vuote in bocca a giudici e giornalisti.
Sono
anarchico antiorganizzatore perchè contrario ad ogni forma di autorità e
costrizione organizzativa. Sono nichilista perchè vivo la mia anarchia oggi e
non nell’attesa di una rivoluzione che, se pure verrà, creerà solo nuova
autorità, nuova tecnologia, nuova civiltà. Vivo la mia anarchia con
naturalezza, gioia, piacere, senza alcuno spirito di martirio, opponendo tutto
me stesso a questo esistente civilizzato che mi è insopportabile. Sono
antisociale perchè convinto che la società esiste solo sotto il segno della
divisione tra dominanti e dominati. Non aspiro ad alcuna futura “paradisiaca”
alchimia socialista, non ripongo fiducia in nessuna classe sociale; la mia
rivolta senza rivoluzione è individuale, esistenziale, totalizzante, assoluta,
armata. In me non vi è alcuna traccia di superomismo, nessun disprezzo nei
confronti degli oppressi, del “popolo”, convinto che, come dice un detto
orientale: “non bisogna disprezzare il serpente perchè non ha le corna; un giorno
potrebbe trasformarsi in drago!” Allo stesso modo uno schiavo può trasformarsi
in un ribelle, un solo uomo, una sola donna farsi incendio devastante. Con
tutte le mie forze disprezzo i potenti della terra, siano essi politici,
scienziati, tecnocrati, capipopolo, leader di ogni risma, burocrati, capi
militari e religiosi. L’ordine che voglio abbattere è quello della
civilizzazione che giorno dopo giorno distrugge tutto ciò per il quale vale la
pena vivere. Stato, democrazia, classi sociali, ideologie, religioni, polizia,
eserciti, il vostro stesso tribunale sono ombre, chimere, ingranaggi, tutti
sostituibili, di una megamacchina che tutto comprende. La tecnologia un giorno
farà a meno di noi trasformandoci tutti in automi sperduti in un panorama di
morte e desolazione. Quel sette maggio del 2012 per un momento ho gettato
sabbia nell’ingranaggio di questa megamacchina, per un momento ho vissuto a
pieno facendo la differenza. Quel giorno non ero una vecchia Tokaref la mia
arma migliore, ma l’odio profondo, feroce che provo contro la società
tecno-industriale. Ho firmato l’zione come FAI/FRI perchè mi sono innamorato di
questa lucida “follia” fattasi concreta poesia, a volte brezza, a volte
tempesta, che soffia caotica per mezzo mondo, imperterrita, improbabile, contro
ogni legge, contro ogni “buon senso”, contro ogni ideologia, contro ogni
politica, contro scienza e civilizzazione, contro ogni autorità, organizzazione
e gerarchia. Una visione dell’anarchia concreta che non prevede teorici,
dirigenti, leader, quadri, soldati, eroi, martiri, organigrammi, militanti e
tanto meno spettatori. Per anni ho assistito all’evoluzione di questa nuova
anarchia rimanendo di fatto solo spettatore. Per troppo tempo sono rimasto a
guardare. L’anarchia se non si fà azione rigetta la vita diventando ideologia,
merda o poco più, nel migliore dei casi sfogo impotente per uomini e donne
frustrati.
Decisi di
passare all’azione dopo il disastro nucleare di Fukushima. Davanti a fatti così
grossi troppo spesso ci si sente inadeguati. L’uomo primitivo fronteggiava i
pericoli, sapeva come difendersi. L’uomo moderno, civilizzato davanti alle
costruzioni-costrizioni della tecnologia è inerme. Come pecore che cercano
protezione nel pastore che le macellerà, così noi civilizzati ci affidiamo ai
sacerdoti laici della scienza, gli stessi che ci stanno lentamente scavando la
fossa. Adinolfi lo abbiamo visto sorridere sornione dagli schermi televisivi
atteggiandosi a vittima. Lo abbiamo visto dare lezioni nelle scuole contro il
“terrorismo”. Ma io mi chiedo cos’è il terrorismo? Un colpo sparato, un dolore
intenso, una ferita aperta o la minaccia incessante continua, di una morte
lenta che ti divora da dentro. Il terrore continuo, incessante, che una delle
sue centrali nucleari ci vomiti addosso da un momento all’altro morte e
desolazione. L’Ansaldo Nucleare e Finmeccanica hanno enormi responsabilità. I
loro progetti continuano a seminare morte dappertutto, ultimamente si parla di
possibili investimenti nel raddoppio della centrale di Krško in Slovenia a due
passi dall’Italia, zona a grande rischio sismico. In Cernadova, Romania, dal
2000 ad oggi, diversi sono stati gli incidenti procurati della dabbenaggine
dell’Ansaldo durante la costruzione di una loro centrale. Quante vite spezzate?
Quanto sangue versato? Tecnocrati di Ansaldo e di Finmeccanica dal sorriso
facile, dalla coscienza “pulita”, il vostro “progresso” puzza di carogna, la
morte che seminate per il mondo grida vendetta. Sono tanti i modi di opporsi
concretamente al nucleare, blocchi dei treni che trasportano scorie, sabotaggi
ai tralicci che trasportano energia elettrica prodotta dall’atomo. A me venne
in mente di colpire il maggiore responsabile di questo scempio in Italia:
Roberto Adinolfi amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Ci volle poco a
scoprire dove abitava, cinque appostamenti bastavano. Non c’è bisogno di una
struttura militare, di un’associazione sovversiva o di una banda armata per
colpire, chiunque, armato di una salda volontà può pensare l’impensabile e
agire di conseguenza. Avrei fatto tutto da solo, sfortunatamente avevo bisogno
di aiuto per la moto; chiesi a Nicola, feci appello alla sua amicizia, non si
tirò indietro. La pistola la comprai al mercato nero, trecento euro. Non
servono infrastrutture clandestine o grandi capitali per armarsi. Partimmo in
auto da Torino la notte prima. Tutto filò liscio o quasi, Nicola alla guida, io
colpii esattamente dove avevamo deciso di colpire. Un colpo preciso, la mia
corsa verso la moto e poi l’imprevisto, l’urlo pieno di rabbia di Adinolfi, la
frase urlata che mi immobilizzò facendomi perdere prezziosi secondi: “bastardi!
…so chi vi manda!!!” in quel preciso momento ebbi lacertezza assoluta di aver
colpito nel segno, pienamente cosciente del letamaio in cui avevo messo le
mani; interessi milionari, finanzia internazionale, la politica e il potere,
fango e letame. Quei secondi “rubati” permisero ad Adinolfi di leggere una
parte della targa, che per inesperienza non avevamo coperto. Grazie a quei
numeri risalirono alla moto e dalla moto alla telecamera.
Non basterà
certo la condanna di questo tribunale a fare di noi i cattivi terroristi e di
Adinolfi e Finmeccanica i benefattori dell’umanità. È arrivato il momento del
grande rifiuto, rifiuto fatto di pluralità di resistenze, ogniuna delle quali è
un caso speciale; alcune sono possibili, necessarie, improbabili; altre sono
spontanee, selvagge, solitarie, concertate, prorompenti o violente. La nostra è
stata solitaria e violenta. Ne è valsa la pena? Si! Fosse solo per la gioia che
abbiamo provato nella’apprendere del sorriso di sfida che Olga Ikonomidou,
coraggiosa sorella della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, in una cella di
isolamento di un carcere greco, alla notizia della nostra azione ha gettato in
faccia ai suoi carcerieri. Sono felice di essere quel che sono, un uomo libero,
anche se “momentaneamente” in catene. Non posso lamentarmi più di tanto visto
che la stragrande maggioranza della “gente” le catene le ha ben piantate nel
cervello. Nella mia vita ho sempre cercato di fare quello che reputavo giusto e
mai quello che conveniva. Le mezze misure non mi hanno mai convinto. Ho amato
molto. Ho odiato molto. Proprio per questo non mi arrenderò alle vostre sbarre,
divise, armi. Mi avrete sempre come irriducibile, fiero nemico. Non sono solo.
Glia anrachici non sono mai soli, solitari a volte, ma mai soli. Mille progetti
nella testa, una speranza nel cuore che continua a vivere sempre più, salda e
sempre più condivisa; concreta prospettiva che “rischia” di cambiare la faccia
dell’anarchia nel mondo. Piccoli, grandi smottamenti che un giorno scateneranno
un cataclisma, ci vorrà tempo, non importa, per adesso mi godo il terremoto
scatenato in me da tutta questa voglia di gioire e lottare.
Concludo con
una citazione di Martino (Marco Camenish) guerriero mai piegato, per il suo
profondo amore per la vita da più di vent’anni prigioniero, rinchiuso oggi in
un asettico carcere svizzero, faccio mie queste sue parole:
«… il
coraggio di pensare le cose fino in fondo, trasgredire il divieto di polizia
tecnologica del “impossibile” o dell’“inconcepibile”, di pensare altro e in
altro modo agendo di conseguenza. Solo questo può condurci fuori dalla tiepida
brodaglia tossica della modernità nei luoghi dove niente e nessuno ci guiderà
nel luogo senza sicurezze, nel luogo della responsabilità in prima persona per
la non-sottomissione con tutte le sue conseguenze. La libertà è dura e
pericolosa e non c’è vita senza la morte. Per timore della vita spesso ci
rassegnamo in schiavitù all’annientamento.»
Morte alla civilizzazione
Morte alla società tecnologica
Lunga vita alle CCF
Lunga vita alla FAI/FRI
Viva l’internazionale nera!
Viva l’anarchia!!
Alfredo Cospito
«Nessuno, mi
può giudicare
Nemmeno tu
La verità ti
fa male lo so.»
C. Caselli
Poche parole
per affermare alcuni semplici dati di fatto prima che la “verità” venga
stabilita in sede processuale; nel caso non fosse chiaro il termine “verità”
l’ho usato con un’accezione ironica, infatti non riconosco altro tribunale al
di fuori della mia coscienza. Gli unici responsabili di quanto avvenuto a
Genova, il 7 maggio 2012, siamo io ed Alfredo. Nessun altro, tra amici e
compagni, era al corrente di quanto stavamo progettando e poi abbiamo
realizzato. Per quanto scaviate nelle nostre vite e nelle nostre relazioni per
cercare altri complici del “misfatto” non potrete dimostrare il contrario,
certamente ci proverete, ma in tal caso non si tratterà che di falsità e del
tentativo di incastrare qualche nemico dell’esistente. Capisco che per chi ha dedicato
la sua vita a servire l’autorità non sia facile arrendersi all’idea che due
individui, armati solo della propria determinazione, possano decidere di
provare ad inceppare gli ingranaggi del sistema tecno-industriale invece di
contribuire, disciplinatamente, a farli girare, ma le cose stanno semplicemente
così. Dopo anni passati ad assistere alla sistematica distruzione della natura
e di tutti gli aspetti che rendono la vita degna di essere vissuta ad opera del
mai troppo decantato sviluppo tecnologico. Anni trascorsi a seguire con
interesse, ma sempre da spettatore, le esperienze di quei ribelli che, anche in
questo mondo che sembra pacificato continuano ad alzare la testa per affermare
la possibilità di una vita libera e selvaggia. Dopo il disastro di Fukushima,
quando Alfredo mi ha proposto di aiutarlo nella realizzazione dell’azione
contro l’ing. Adinolfi, ho accettato senza esitazione. Finalmente potevo
manifestare concretamente il mio rifiuto per il sistema tecno-industriale,
smetterla di partecipare a proteste simboliche che troppo spesso non sono altro
che manifestazioni di impotenza. Nessuno con un minimo di ragionevolezza può
illudersi che l’esito di un referendum o le cialtronerie di qualche guru della
green economy possano cancellare, anche solo, gli aspetti intrinsecamente più
nefasti del mondo in cui siamo costretti a vivere. È sotto gli occhi di
chiunque voglia vedere che Finmeccanica, con la sua controllata continua a
produrre armi di distruzione di massa; semplicemente lo fa fuori dai confini
italiani, come se le radiazioni rispettassero quelle infami barriere. In
Romania (Cernadova, sfortunata località, nota principalmente per gli
innumerevoli incidenti accorsi alla centrale), Slovacchia ed Ucraina, solo per
citare gli investimenti più recenti e diretti, Ansaldo Nucleare continua a
seminare morte ed a contribuire alla distruzione della natura. Come dovrebbe
essere evidente a tutti, con altre 190 centrali nucleari solo in Europa, il
problema non è chiedersi se possa avvenire un’altra Chernobyl, ma solamente
quando questo accadrà. E come se ciò non bastasse, non dobbiamo dimenticare che
tali mostruosità non uccidono solo quando sono in funzione, ma pure con le loro
scorie. Queste vengono trasportate avanti e indietro attraverso l’Europa senza che
nessuno sappia realmente cosa farne. Quelle delle centrali italiane, spente da
decenni, vengono a tutt’oggi trasportate in Francia per essere messe in
“sicurezza”: ne ricavano combustibile per alimentare altri reattori e anche
qualche chiletto di plutonio che può essere utilizzato solamente per costruire
bombe (tanto per ricordarci che quando si parla di nucleare non vi è differenza
tra uso civile e militare), poi ce le rimandano pericolose, pressoché, quanto
prima. A questo proposito chissà mai cosa se ne faranno gli americani
dell’uranio trasferito negli USA quest’estate, in gran segreto, da un deposito
di scorie in Basilicata. Potrei stare ore a parlare dei danni e delle
distruzioni causate dal nucleare, fare innumerevoli esempi, ricordare quello che
sta succedendo a Fukushima (dove a detta di qualcuno, nessun morto era
imputabile alla centrale…), ma non sono qui a cercare giustificazioni. Il
nucleare è forse l’elemento di questo mondo civilizzato dove l’insensatezza e
la mostruosità del sistema tecno-industriale può essere comprensibile a
chiunque, ma dobbiamo renderci conto che sull’altare dello sviluppo tecnologico
stiamo immolando ogni presidio della nostra libertà individuale e della
possibilità di vivere una vita realmente degna di essere vissuta. Ora sta
solamente ad ognuno di noi decidere se essere sudditi obbedienti o provare a
vivere, qui ed ora, il rifiuto dell’esistente. Io la mia scelta l’ho fatta, con
gioia e senza rimorsi.
Noi usciremo
di qui bollati come terroristi, la cosa divertente è che potrete affermarlo
senza sentirvi ridicoli: lo dice il codice penale. Quello che è certo, è che le
parole non hanno più alcun significato; se noi siamo terroristi, come
definireste chi produce armi, sistemi di puntamento per missili, droni,
cacciabombardieri, equipaggiamenti per cacciare uomini che tentano di varcare
un confine, centrali nucleari, che tratta alla pari con assassini in divisa e
rinomati dittatori, insomma, come definireste Finmeccanica? Certo nemmeno i
vostri mandanti brillano per fantasia, tanto che, per fugare eventuali dubbi
sulle reali funzioni di questa azienda, recentemente ne hanno messo a capo
l’ex-poliziotto Gianni De Gennaro: vista la sua responsabilità nelle torture di
Bolzaneto e nel massacro della Diaz, in quanto capo della polizia, durante il
G8 del 2001, hanno logicamente pensato che fosse l’uomo giusto al posto giusto.
Tornando al
motivo di questa mia dichiarazione vorrei fare qualche precisazione in merito
alla “brillante” operazione che ha portato al nostro arresto. Chissà quante
strette di mano e pacche sulle spalle si sono prese gli astuti segugi che sono
riusciti a mettere a frutto un nostro unico quanto fatale errore, dettato
dall’inesperienza e dall’urgenza di fare qualcosa dopo il disastro di
Fukushima, infatti, non ci siamo accorti di una telecamerina piazzata dallo
zelante padrone di un bar a protezione dei suoi tramezzini. Purtroppo, per noi,
non l’abbiamo vista mentre studiavamo il percorso che dal punto in cui abbiamo
lasciato il motorino portava alla fermata dei bus che, dopo un cambio, ci
avrebbero portato alla periferia della città nella direzione di Arenzano, dove
era parcheggiata la mia macchina che abbiamo usato per raggiungere e lasciare
Genova. A dir tutta la verità, quello della telecamera non è stato l’unico
errore commesso, abbiamo anche perso istanti preziosi al momento di
allontanarci dal luogo dell’azione, il grido rabbioso dell’apprendista stregone
dell’atomo: «Bastardi, so chi manda!» ci ha paralizzati. Non sta
certo a me avanzare ipotesi sul significato di quella frase, il momento non
favoriva pacati ragionamenti e, tanto meno, è mio costume costruire castelli in
aria sulle parole pronunciate da un’altra persona, ma personalmente ne ho
tratto la conclusione che avevamo affondato le mani in una montagna di merda.
Tutti gli altri elementi che hanno giustificato la nostra detenzione o sono
distorti o, semplicemente, falsi. La famosa intercettazione del “pistolone”, in
cui avrei affermato di aver sparato è assolutamente incomprensibile, ora è
inutile coinvolgere periti per smontarla, ma essendo stato alla guida del
motorino è impossibile che possa aver impugnato anche la pistola, e oltre tutto
mi pare logicamente assurdo che mi sia messo a raccontarlo proprio a chi aveva
partecipato con me all’azione, cioè Alfredo. Sulla stampante, sequestrata a
casa dei miei genitori, che la polizia scientifica affermava essere quella
usata per stampare il volantino, c’è poco da dire, perché il computer e la
stampante li ho comprati io e li abbiamo distrutti dopo l’uso (la cosa da
notare è che una volta che il riesame aveva confermato i nostri arresti, gli
stessi scienziati dei RIS si sono accorti che probabilmente non era la stessa).
Per quanto riguarda il furto del motorino, per il quale procedete contro di noi
e fantomatici ignoti, le cose sono meno complicate di quanto vi sforzerete di
ricostruirle. Abbiamo girato per la città cercando di risolvere il problema,
visto che non avevamo alcuna esperienza con tale pratica. La fortuna, come si
sa, aiuta gli audaci, infatti nell’amena località di Bolzaneto ci siamo
imbattuti in uno scooter con le chiavi dimenticate inserite nel quadro, le
abbiamo prese ed abbiamo deciso di tornare dopo qualche giorno con un casco. La
moto era ancora parcheggiata nello stesso posto, mi è bastato salire in sella,
accendere e portarla dalle parti del cimitero di Staglieno dove è rimasta fino
a quindici giorni prima dell’azione quando l’ho spostata nei pressi
dell’abitazione dell’ing. Adinolfi. Mi scuso con il proprietario per averla
svuotata dai caschi e dagli altri oggetti che c’erano sotto il sellino e per
aver buttato il bauletto posteriore,purtroppo erano di impiccio e, decisamente
non era salutare l’idea di cercare di restituirli. Un altro elemento su cui gli
investigatori hanno ricamato e, temo, cercheranno di utilizzare da bravi
inquisitori in futuro , è un’intercettazione realizzata al C.S.L. di Napoli, in
cui alcuni compagni commenterebbero il volantino che avrebbero ricevuto, in
anteprima mondiale, via posta elettronica. Non ho idea di cosa parlassero, non
sto a spiegare come il dialogo sia di difficile comprensione, a dir poco, e
neppure è il caso di soffermarsi sull’evidente assonanza tra “Valentino” e
“volantino”, ma so per certo che il comunicato è stato spedito solamente per
posta ordinaria (abbiamo imbucato le lettere durante il cambio bus sulla via
del ritorno, in una cassetta postale, sul lungomare, nei pressi del terminal
traghetti), quindi è semplicemente impossibile che l’abbiano ricevuto tramite
e-mail.
So per certo
che userete il nostro caso per dare l’esempio, che la vendetta sarà draconiana,
che farete di tutto per isolarci ( basti dire che è più di un anno che la
nostra corrispondenza è sottoposta a censura), ma voglio darvi una cattiva
notizia: si tratta di sforzi inutili. Sono perlomeno 150 anni che giudici,
anche più feroci di voi, cercano di cancellare l’idea della possibilità di una
vita libera dall’autorità, ma con scarsi risultati. Posso tranquillamente
assicurarvi che le vostre azioni repressive, per quanto ad ampio spettro, per
quanto indiscriminate, non potranno disarticolare o debellare alcunché. Se
pensate di arrivare, grazie a noi, ad altri anarchici che abbiano deciso di
sperimentare la possibilità caotica, spontanea ed informale della FAI vi
sbagliate di grosso e non potrete che fare l’ennesimo buco nell’acqua; né io né
Alfredo conosciamo alcuno che abbia fatto questa scelta. State dando la caccia
ad un fantasma che non potete rinchiudere nelle anguste caselle dei vostri
codici. Questo perché esso si manifesta nell’istante in cui le tensioni
distruttive di coloro che l’animano si uniscono per agire, nel momento in cui
donne e uomini liberi decidono di sperimentare concretamente l’anarchia. Ora
che l’esperienza del Nucleo Olga si è conclusa, posso solamente assicurarvi che
ho trovato nuove ragioni per alimentare il mio odio e motivi per desiderare la
distruzione dell’esistente, fatto di autorità, sfruttamento e distruzione della
natura.
Amore a
complicità per le sorelle e i fratelli che con le loro azioni, in ogni parte
del mondo, rendono reale il folle sogno della FAI/FRI.
Amore e
complicità per le compagne e i compagni che, anonimamente o meno, continuano ad
attaccare in nome della possibilità di una vita libera dall’autorità.
Amore e
libertà per tutti i prigionieri anarchici.
Viva
l’internazionale nera dei refrattari all’ordine mortifero della civilizzazione.
Viva
l’anarchia!
Nicola Gai
Ferrara
settembre 2013
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