viernes, noviembre 01, 2013

Italia. Juicio por el disparo en la rodilla al empresario nuclear Roberto Adinoli. Compañeros Alfredo y Nicola asumen la responsabilidad


“Morte alla civilizzazione
Morte alla società tecnologica
Lunga vita alle CCF
Lunga vita alla FAI/FRI
Viva l’internazionale nera!
Viva l’anarchia!!

 Alfredo Cospito”

Del texto reivindicativo del compañero Alfredo Cospito.

Desde acá queremos expresar nuestra solidaridad total ( y nuestra más negra afinidad) con los compañeros Alfredo Cospito y Nicola Gai.

Rojoscuro

***



El 30 de Octubre del 2013 los compañeros anarquistas Alfredo Cospito y Nicola Gai llegaron al Tribunal de Genova desde sección de Alta Seguridad de la prisión de Ferrara a enfrentar el primer día de juicio en el marco de un procedimiento abreviado por el Gambizzato al empresario nuclear Roberto Adinolfi el 7 de Mayo del 2012.
Distintos compañeros anarquistas se congregaron a solidarizar con Alfredo y Nicola a las afueras del tribunal, mientras se extendían distintas medidas de seguridad tanto afuera como adentro del Tribunal.
Al ingresar a la sala los compañeros no fueron encerrados en las usuales “jaulas de acusados”, sino que sentados frente al tribunal donde no mostraron respeto alguno a la sucia autoridad
Los miserables perseguidores, el fiscal Nicola Piacente y Silvio Franz solicitan la condena de 12 años para Alfredo y 10 para Nicola.


El compañero Alfredo comenzó a leer el comunicado donde asumía la responsabilidad política del disparo contra Adinolfi, siendo interrumpido en varias ocasiones por la jueza del tribunal. Los compañeros solidarios comenzaron a insultarla para que dejara leer a Alfredo, gritándole: Fascista!.

Tras un señal de la nueva inquisidora moderna, la policía se abalanzo sobre Alfredo y Nicola para ser expulsados de la sala. Alfredo lanzo el comunicado y Nicola alcanzo a señalar con gestos
que dejaría su escrito en el mesón. Ambos fueron sacados con un fuerte contingente policial, mientras levantaban los puños entre aplausos y gritos de solidaridad por parte de los compañeros.  En el texto cuentan que la pistola la compraron en el mercado negro, los chequeos para llegar a la casa de Roberto Adinolfi, y como enviaron la revindicacion. También los compañeros señalaron que el miserable Adinolfi al recibir el disparo habría gritado: “Bastardos, se quien los manda”
A continuación unas breves citas de las declaraciones de Alfredo y Nicola, esperamos que compañeros con más experiencia y habilidad en traducciones puedan hacer una más fidedigna.

Alfredo Cospito:
“En una hermosa mañana de Mayo he actuado, son las pocas horas que he disfrutado de la vida al máximo. Por una vez he dejado atrás el miedo y la autojustificación y me aventuré por lo desconocido”…
“Quiero ser muy claro: el núcleo Olga FAI / FRI sólo yo y Nicola. Nadie más ha participado, colaborado , diseñado de tal acción , nadie estaba al tanto de nuestro proyecto.”…
“Pero me pregunto qué es el terrorismo? Un disparo efectuado, dolor intenso, una herida abierta o la amenaza incesante continúa, una muerte lenta que devora por dentro. El terror continúo, incesante, que una de sus plantas de energía nuclear vomiten en cualquier momento la muerte y la desolación”…
“Estoy feliz de ser quien soy, un hombre libre, aunque ” temporalmente” con cadenas”

A continuación citas del texto de reivindicación de Nicola Gai:

“Los únicos responsables de lo que ocurrió en Génova, 7 de mayo de 2012, que soy yo y Alfredo. Nadie, incluyendo amigos y compañeros, era consciente de lo que estábamos planeando”…
“Después de la catástrofe de Fukushima, Alfredo me pidió que le ayudara en la realización de la acción contra el ingeniero. Adinolfi, acepté sin dudarlo.”…
“Ahora que la experiencia del Núcleo Olga llegó a su fin , lo único que puedo asegurar es que he encontrado nuevas razones para alimentar mi odio y  razones para querer la destrucción de lo existente, la autoridad, la explotación y la destrucción de la naturaleza”


El 12 de Noviembre seria el Veredicto contra ambos compañeros, la fiscalía sumo la petición de un millón de euros como indemnización por daño inmaterial que habría sufrido el Gobierno y el Ministerio del Interior.
Desde la distancia, tras montañas y kilómetros de mar nos encontramos con la sonrisa en la cara de Alfredo y Nicola ante el escuadrón de inquisidores: jueces, periodistas, fiscales. Son las palabras escritas en la misma tinta negra, la continuidad de aquellos/as compañeras/os que han enfrentado al dominio en distintos tiempos y lugares, es la voz que continua pese a las torpes pretensiones de autoridad la misma que se escucha en distintas partes del mundo desoyendo las amenazas represivas.
Hoy la digna rebeldía y animo de revuelta entraron al tribunal y salieron firmes, con puños en alto
El irrenunciable llamado es a no abandonar a los compañeros, a no dejarlos solo ante el proceso y la venganza que el Estado arremete redactando las condenas y acrecentando las investigaciones que pesan contra Alfredo, Nicola y su entorno.

¡Solidaridad Internacionalista con Nicola Gai, Alfredo Cospito!
¡Solidaridad con los prisioneros revolucionarios que se mantienen dignos en las cárceles del mundo!

***

Declaraciones integras de los compañeros en italiano:


Dal ventre del Leviatano

«… i sogni sono da realizzarsi qui nel presente e non in un ipotetico futuro, dato che l’avvenire l’hanno sempre venduto i preti di qualsiasi religione o ideologia per poterci impunemente derubare. Vogliamo un presente che meriti di essere vissuto e non semplicemente sacrificato ad attesa messianica di un futuro paradiso terrestre. Abbiamo per questo voluto parlare in concreto di un’anarchia da realizzare ora, non domani. Il “tutto e subito” è una scommessa, una partita che ci giochiamo dove la posta in gioco è la nostra vita, la vita di tutti, la nostra morte, la morte di tutti…»
Pierleone Mario Porcu

«La scienza è l’eterno olocausto della vita fugace, effimera, ma reale, sull’altare delle eterne astrazioni. Ciò che predico è quindi, la rivolta della vita contro il governo della scienza.»
Michail Bakunin

«Mentre l’uomo si pavoneggiava e faceva il dio, un’imbecillità si abbatteva su di lui. Le tecniche erano innalzate al supremo rango e, un volta ispallate sul trono gettavano le loro catene sulle intelligenze che le avevano create. »
Edgar Allan Poe
«L’impero fondato sul niente nel quale regni sovrano sta crollando.
Non riesce a sorreggere il peso della verità.
Ti consiglio una dose massiccia di vita.
Ti consiglio una dose massiccia di vita!
Almeno così potrai dire di averla vissuta.»
Congegno
«Bastardi… so chi vi manda!!!»
Roberto Adinolfi

In una splendida mattina di maggio ho agito ed in quelle poche ore ho goduto a pieno della vita. Per una volta mi sono lasciato alle spalle paura e autogiustificazioni e ho sfidato l’ignoto. In una Europa costellata di centrali nucleari, uno dei maggiori responsabili del disastro nucleare che verrà è caduto ai miei piedi. Voglio essere molto chiaro: il nucleo Olga FAI/FRI siamo solo io e Nicola. Nessun altro ha partecipato, collaborato,  progettato tale azione; nessuno era a conoscenza del nostro progetto. Non permetterò che il mio agire, per distogliere l’attenzione dal vero obiettivo dell’azione venga messo in un osceno assurdo calderone massmediatico e giuridico fatto di “eversione dell’ordine democratico”, “associazione sovversiva”, “banda armata”, “terrorismo”; frasi vuote in bocca a giudici e giornalisti.


Sono anarchico antiorganizzatore perchè contrario ad ogni forma di autorità e costrizione organizzativa. Sono nichilista perchè vivo la mia anarchia oggi e non nell’attesa di una rivoluzione che, se pure verrà, creerà solo nuova autorità, nuova tecnologia, nuova civiltà. Vivo la mia anarchia con naturalezza, gioia, piacere, senza alcuno spirito di martirio, opponendo tutto me stesso a questo esistente civilizzato che mi è insopportabile. Sono antisociale perchè convinto che la società esiste solo sotto il segno della divisione tra dominanti e dominati. Non aspiro ad alcuna futura “paradisiaca” alchimia socialista, non ripongo fiducia in nessuna classe sociale; la mia rivolta senza rivoluzione è individuale, esistenziale, totalizzante, assoluta, armata. In me non vi è alcuna traccia di superomismo, nessun disprezzo nei confronti degli oppressi, del “popolo”, convinto che, come dice un detto orientale: “non bisogna disprezzare il serpente perchè non ha le corna; un giorno potrebbe trasformarsi in drago!” Allo stesso modo uno schiavo può trasformarsi in un ribelle, un solo uomo, una sola donna farsi incendio devastante. Con tutte le mie forze disprezzo i potenti della terra, siano essi politici, scienziati, tecnocrati, capipopolo, leader di ogni risma, burocrati, capi militari e religiosi. L’ordine che voglio abbattere è quello della civilizzazione che giorno dopo giorno distrugge tutto ciò per il quale vale la pena vivere. Stato, democrazia, classi sociali, ideologie, religioni, polizia, eserciti, il vostro stesso tribunale sono ombre, chimere, ingranaggi, tutti sostituibili, di una megamacchina che tutto comprende. La tecnologia un giorno farà a meno di noi trasformandoci tutti in automi sperduti in un panorama di morte e desolazione. Quel sette maggio del 2012 per un momento ho gettato sabbia nell’ingranaggio di questa megamacchina, per un momento ho vissuto a pieno facendo la differenza. Quel giorno non ero una vecchia Tokaref la mia arma migliore, ma l’odio profondo, feroce che provo contro la società tecno-industriale. Ho firmato l’zione come FAI/FRI perchè mi sono innamorato di questa lucida “follia” fattasi concreta poesia, a volte brezza, a volte tempesta, che soffia caotica per mezzo mondo, imperterrita, improbabile, contro ogni legge, contro ogni “buon senso”, contro ogni ideologia, contro ogni politica, contro scienza e civilizzazione, contro ogni autorità, organizzazione e gerarchia. Una visione dell’anarchia concreta che non prevede teorici, dirigenti, leader, quadri, soldati, eroi, martiri, organigrammi, militanti e tanto meno spettatori. Per anni ho assistito all’evoluzione di questa nuova anarchia rimanendo di fatto solo spettatore. Per troppo tempo sono rimasto a guardare. L’anarchia se non si fà azione rigetta la vita diventando ideologia, merda o poco più, nel migliore dei casi sfogo impotente per uomini e donne frustrati.
Decisi di passare all’azione dopo il disastro nucleare di Fukushima. Davanti a fatti così grossi troppo spesso ci si sente inadeguati. L’uomo primitivo fronteggiava i pericoli, sapeva come difendersi. L’uomo moderno, civilizzato davanti alle costruzioni-costrizioni della tecnologia è inerme. Come pecore che cercano protezione nel pastore che le macellerà, così noi civilizzati ci affidiamo ai sacerdoti laici della scienza, gli stessi che ci stanno lentamente scavando la fossa. Adinolfi lo abbiamo visto sorridere sornione dagli schermi televisivi atteggiandosi a vittima. Lo abbiamo visto dare lezioni nelle scuole contro il “terrorismo”. Ma io mi chiedo cos’è il terrorismo? Un colpo sparato, un dolore intenso, una ferita aperta o la minaccia incessante continua, di una morte lenta che ti divora da dentro. Il terrore continuo, incessante, che una delle sue centrali nucleari ci vomiti addosso da un momento all’altro morte e desolazione. L’Ansaldo Nucleare e Finmeccanica hanno enormi responsabilità. I loro progetti continuano a seminare morte dappertutto, ultimamente si parla di possibili investimenti nel raddoppio della centrale di Krško in Slovenia a due passi dall’Italia, zona a grande rischio sismico. In Cernadova, Romania, dal 2000 ad oggi, diversi sono stati gli incidenti procurati della dabbenaggine dell’Ansaldo durante la costruzione di una loro centrale. Quante vite spezzate? Quanto sangue versato? Tecnocrati di Ansaldo e di Finmeccanica dal sorriso facile, dalla coscienza “pulita”, il vostro “progresso” puzza di carogna, la morte che seminate per il mondo grida vendetta. Sono tanti i modi di opporsi concretamente al nucleare, blocchi dei treni che trasportano scorie, sabotaggi ai tralicci che trasportano energia elettrica prodotta dall’atomo. A me venne in mente di colpire il maggiore responsabile di questo scempio in Italia: Roberto Adinolfi amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Ci volle poco a scoprire dove abitava, cinque appostamenti bastavano. Non c’è bisogno di una struttura militare, di un’associazione sovversiva o di una banda armata per colpire, chiunque, armato di una salda volontà può pensare l’impensabile e agire di conseguenza. Avrei fatto tutto da solo, sfortunatamente avevo bisogno di aiuto per la moto; chiesi a Nicola, feci appello alla sua amicizia, non si tirò indietro. La pistola la comprai al mercato nero, trecento euro. Non servono infrastrutture clandestine o grandi capitali per armarsi. Partimmo in auto da Torino la notte prima. Tutto filò liscio o quasi, Nicola alla guida, io colpii esattamente dove avevamo deciso di colpire. Un colpo preciso, la mia corsa verso la moto e poi l’imprevisto, l’urlo pieno di rabbia di Adinolfi, la frase urlata che mi immobilizzò facendomi perdere prezziosi secondi: “bastardi! …so chi vi manda!!!” in quel preciso momento ebbi lacertezza assoluta di aver colpito nel segno, pienamente cosciente del letamaio in cui avevo messo le mani; interessi milionari, finanzia internazionale, la politica e il potere, fango e letame. Quei secondi “rubati” permisero ad Adinolfi di leggere una parte della targa, che per inesperienza non avevamo coperto. Grazie a quei numeri risalirono alla moto e dalla moto alla telecamera.
Non basterà certo la condanna di questo tribunale a fare di noi i cattivi terroristi e di Adinolfi e Finmeccanica i benefattori dell’umanità. È arrivato il momento del grande rifiuto, rifiuto fatto di pluralità di resistenze, ogniuna delle quali è un caso speciale; alcune sono possibili, necessarie, improbabili; altre sono spontanee, selvagge, solitarie, concertate, prorompenti o violente. La nostra è stata solitaria e violenta. Ne è valsa la pena? Si! Fosse solo per la gioia che abbiamo provato nella’apprendere del sorriso di sfida che Olga Ikonomidou, coraggiosa sorella della Cospirazione delle Cellule di Fuoco, in una cella di isolamento di un carcere greco, alla notizia della nostra azione ha gettato in faccia ai suoi carcerieri. Sono felice di essere quel che sono, un uomo libero, anche se “momentaneamente” in catene. Non posso lamentarmi più di tanto visto che la stragrande maggioranza della “gente” le catene le ha ben piantate nel cervello. Nella mia vita ho sempre cercato di fare quello che reputavo giusto e mai quello che conveniva. Le mezze misure non mi hanno mai convinto. Ho amato molto. Ho odiato molto. Proprio per questo non mi arrenderò alle vostre sbarre, divise, armi. Mi avrete sempre come irriducibile, fiero nemico. Non sono solo. Glia anrachici non sono mai soli, solitari a volte, ma mai soli. Mille progetti nella testa, una speranza nel cuore che continua a vivere sempre più, salda e sempre più condivisa; concreta prospettiva che “rischia” di cambiare la faccia dell’anarchia nel mondo. Piccoli, grandi smottamenti che un giorno scateneranno un cataclisma, ci vorrà tempo, non importa, per adesso mi godo il terremoto scatenato in me da tutta questa voglia di gioire e lottare.
Concludo con una citazione di Martino (Marco Camenish) guerriero mai piegato, per il suo profondo amore per la vita da più di vent’anni prigioniero, rinchiuso oggi in un asettico carcere svizzero, faccio mie queste sue parole:
«… il coraggio di pensare le cose fino in fondo, trasgredire il divieto di polizia tecnologica del “impossibile” o dell’“inconcepibile”, di pensare altro e in altro modo agendo di conseguenza. Solo questo può condurci fuori dalla tiepida brodaglia tossica della modernità nei luoghi dove niente e nessuno ci guiderà nel luogo senza sicurezze, nel luogo della responsabilità in prima persona per la non-sottomissione con tutte le sue conseguenze. La libertà è dura e pericolosa e non c’è vita senza la morte. Per timore della vita spesso ci rassegnamo in schiavitù all’annientamento.»

Morte alla civilizzazione
Morte alla società tecnologica
Lunga vita alle CCF
Lunga vita alla FAI/FRI
Viva l’internazionale nera!
Viva l’anarchia!!

Alfredo Cospito


«Nessuno, mi può giudicare
Nemmeno tu
La verità ti fa male lo so.»
C. Caselli

Poche parole per affermare alcuni semplici dati di fatto prima che la “verità” venga stabilita in sede processuale; nel caso non fosse chiaro il termine “verità” l’ho usato con un’accezione ironica, infatti non riconosco altro tribunale al di fuori della mia coscienza. Gli unici responsabili di quanto avvenuto a Genova, il 7 maggio 2012, siamo io ed Alfredo. Nessun altro, tra amici e compagni, era al corrente di quanto stavamo progettando e poi abbiamo realizzato. Per quanto scaviate nelle nostre vite e nelle nostre relazioni per cercare altri complici del “misfatto” non potrete dimostrare il contrario, certamente ci proverete, ma in tal caso non si tratterà che di falsità e del tentativo di incastrare qualche nemico dell’esistente. Capisco che per chi ha dedicato la sua vita a servire l’autorità non sia facile arrendersi all’idea che due individui, armati solo della propria determinazione, possano decidere di provare ad inceppare gli ingranaggi del sistema tecno-industriale invece di contribuire, disciplinatamente, a farli girare, ma le cose stanno semplicemente così. Dopo anni passati ad assistere alla sistematica distruzione della natura e di tutti gli aspetti che rendono la vita degna di essere vissuta ad opera del mai troppo decantato sviluppo tecnologico. Anni trascorsi a seguire con interesse, ma sempre da spettatore, le esperienze di quei ribelli che, anche in questo mondo che sembra pacificato continuano ad alzare la testa per affermare la possibilità di una vita libera e selvaggia. Dopo il disastro di Fukushima, quando Alfredo mi ha proposto di aiutarlo nella realizzazione dell’azione contro l’ing. Adinolfi, ho accettato senza esitazione. Finalmente potevo manifestare concretamente il mio rifiuto per il sistema tecno-industriale, smetterla di partecipare a proteste simboliche che troppo spesso non sono altro che manifestazioni di impotenza. Nessuno con un minimo di ragionevolezza può illudersi che l’esito di un referendum o le cialtronerie di qualche guru della green economy possano cancellare, anche solo, gli aspetti intrinsecamente più nefasti del mondo in cui siamo costretti a vivere. È sotto gli occhi di chiunque voglia vedere che Finmeccanica, con la sua controllata continua a produrre armi di distruzione di massa; semplicemente lo fa fuori dai confini italiani, come se le radiazioni rispettassero quelle infami barriere. In Romania (Cernadova, sfortunata località, nota principalmente per gli innumerevoli incidenti accorsi alla centrale), Slovacchia ed Ucraina, solo per citare gli investimenti più recenti e diretti, Ansaldo Nucleare continua a seminare morte ed a contribuire alla distruzione della natura. Come dovrebbe essere evidente a tutti, con altre 190 centrali nucleari solo in Europa, il problema non è chiedersi se possa avvenire un’altra Chernobyl, ma solamente quando questo accadrà. E come se ciò non bastasse, non dobbiamo dimenticare che tali mostruosità non uccidono solo quando sono in funzione, ma pure con le loro scorie. Queste vengono trasportate avanti e indietro attraverso l’Europa senza che nessuno sappia realmente cosa farne. Quelle delle centrali italiane, spente da decenni, vengono a tutt’oggi trasportate in Francia per essere messe in “sicurezza”: ne ricavano combustibile per alimentare altri reattori e anche qualche chiletto di plutonio che può essere utilizzato solamente per costruire bombe (tanto per ricordarci che quando si parla di nucleare non vi è differenza tra uso civile e militare), poi ce le rimandano pericolose, pressoché, quanto prima. A questo proposito chissà mai cosa se ne faranno gli americani dell’uranio trasferito negli USA quest’estate, in gran segreto, da un deposito di scorie in Basilicata. Potrei stare ore a parlare dei danni e delle distruzioni causate dal nucleare, fare innumerevoli esempi, ricordare quello che sta succedendo a Fukushima (dove a detta di qualcuno, nessun morto era imputabile alla centrale…), ma non sono qui a cercare giustificazioni. Il nucleare è forse l’elemento di questo mondo civilizzato dove l’insensatezza e la mostruosità del sistema tecno-industriale può essere comprensibile a chiunque, ma dobbiamo renderci conto che sull’altare dello sviluppo tecnologico stiamo immolando ogni presidio della nostra libertà individuale e della possibilità di vivere una vita realmente degna di essere vissuta. Ora sta solamente ad ognuno di noi decidere se essere sudditi obbedienti o provare a vivere, qui ed ora, il rifiuto dell’esistente. Io la mia scelta l’ho fatta, con gioia e senza rimorsi.

Noi usciremo di qui bollati come terroristi, la cosa divertente è che potrete affermarlo senza sentirvi ridicoli: lo dice il codice penale. Quello che è certo, è che le parole non hanno più alcun significato; se noi siamo terroristi, come definireste chi produce armi, sistemi di puntamento per missili, droni, cacciabombardieri, equipaggiamenti per cacciare uomini che tentano di varcare un confine, centrali nucleari, che tratta alla pari con assassini in divisa e rinomati dittatori, insomma, come definireste Finmeccanica? Certo nemmeno i vostri mandanti brillano per fantasia, tanto che, per fugare eventuali dubbi sulle reali funzioni di questa azienda, recentemente ne hanno messo a capo l’ex-poliziotto Gianni De Gennaro: vista la sua responsabilità nelle torture di Bolzaneto e nel massacro della Diaz, in quanto capo della polizia, durante il G8 del 2001, hanno logicamente pensato che fosse l’uomo giusto al posto giusto.

Tornando al motivo di questa mia dichiarazione vorrei fare qualche precisazione in merito alla “brillante” operazione che ha portato al nostro arresto. Chissà quante strette di mano e pacche sulle spalle si sono prese gli astuti segugi che sono riusciti a mettere a frutto un nostro unico quanto fatale errore, dettato dall’inesperienza e dall’urgenza di fare qualcosa dopo il disastro di Fukushima, infatti, non ci siamo accorti di una telecamerina piazzata dallo zelante padrone di un bar a protezione dei suoi tramezzini. Purtroppo, per noi, non l’abbiamo vista mentre studiavamo il percorso che dal punto in cui abbiamo lasciato il motorino portava alla fermata dei bus che, dopo un cambio, ci avrebbero portato alla periferia della città nella direzione di Arenzano, dove era parcheggiata la mia macchina che abbiamo usato per raggiungere e lasciare Genova. A dir tutta la verità, quello della telecamera non è stato l’unico errore commesso, abbiamo anche perso istanti preziosi al momento di allontanarci dal luogo dell’azione, il grido rabbioso dell’apprendista stregone dell’atomo: «Bastardi, so chi manda!» ci ha paralizzati. Non sta certo a me avanzare ipotesi sul significato di quella frase, il momento non favoriva pacati ragionamenti e, tanto meno, è mio costume costruire castelli in aria sulle parole pronunciate da un’altra persona, ma personalmente ne ho tratto la conclusione che avevamo affondato le mani in una montagna di merda. Tutti gli altri elementi che hanno giustificato la nostra detenzione o sono distorti o, semplicemente, falsi. La famosa intercettazione del “pistolone”, in cui avrei affermato di aver sparato è assolutamente incomprensibile, ora è inutile coinvolgere periti per smontarla, ma essendo stato alla guida del motorino è impossibile che possa aver impugnato anche la pistola, e oltre tutto mi pare logicamente assurdo che mi sia messo a raccontarlo proprio a chi aveva partecipato con me all’azione, cioè Alfredo. Sulla stampante, sequestrata a casa dei miei genitori, che la polizia scientifica affermava essere quella usata per stampare il volantino, c’è poco da dire, perché il computer e la stampante li ho comprati io e li abbiamo distrutti dopo l’uso (la cosa da notare è che una volta che il riesame aveva confermato i nostri arresti, gli stessi scienziati dei RIS si sono accorti che probabilmente non era la stessa). Per quanto riguarda il furto del motorino, per il quale procedete contro di noi e fantomatici ignoti, le cose sono meno complicate di quanto vi sforzerete di ricostruirle. Abbiamo girato per la città cercando di risolvere il problema, visto che non avevamo alcuna esperienza con tale pratica. La fortuna, come si sa, aiuta gli audaci, infatti nell’amena località di Bolzaneto ci siamo imbattuti in uno scooter con le chiavi dimenticate inserite nel quadro, le abbiamo prese ed abbiamo deciso di tornare dopo qualche giorno con un casco. La moto era ancora parcheggiata nello stesso posto, mi è bastato salire in sella, accendere e portarla dalle parti del cimitero di Staglieno dove è rimasta fino a quindici giorni prima dell’azione quando l’ho spostata nei pressi dell’abitazione dell’ing. Adinolfi. Mi scuso con il proprietario per averla svuotata dai caschi e dagli altri oggetti che c’erano sotto il sellino e per aver buttato il bauletto posteriore,purtroppo erano di impiccio e, decisamente non era salutare l’idea di cercare di restituirli. Un altro elemento su cui gli investigatori hanno ricamato e, temo, cercheranno di utilizzare da bravi inquisitori in futuro , è un’intercettazione realizzata al C.S.L. di Napoli, in cui alcuni compagni commenterebbero il volantino che avrebbero ricevuto, in anteprima mondiale, via posta elettronica. Non ho idea di cosa parlassero, non sto a spiegare come il dialogo sia di difficile comprensione, a dir poco, e neppure è il caso di soffermarsi sull’evidente assonanza tra “Valentino” e “volantino”, ma so per certo che il comunicato è stato spedito solamente per posta ordinaria (abbiamo imbucato le lettere durante il cambio bus sulla via del ritorno, in una cassetta postale, sul lungomare, nei pressi del terminal traghetti), quindi è semplicemente impossibile che l’abbiano ricevuto tramite e-mail.

So per certo che userete il nostro caso per dare l’esempio, che la vendetta sarà draconiana, che farete di tutto per isolarci ( basti dire che è più di un anno che la nostra corrispondenza è sottoposta a censura), ma voglio darvi una cattiva notizia: si tratta di sforzi inutili. Sono perlomeno 150 anni che giudici, anche più feroci di voi, cercano di cancellare l’idea della possibilità di una vita libera dall’autorità, ma con scarsi risultati. Posso tranquillamente assicurarvi che le vostre azioni repressive, per quanto ad ampio spettro, per quanto indiscriminate, non potranno disarticolare o debellare alcunché. Se pensate di arrivare, grazie a noi, ad altri anarchici che abbiano deciso di sperimentare la possibilità caotica, spontanea ed informale della FAI vi sbagliate di grosso e non potrete che fare l’ennesimo buco nell’acqua; né io né Alfredo conosciamo alcuno che abbia fatto questa scelta. State dando la caccia ad un fantasma che non potete rinchiudere nelle anguste caselle dei vostri codici. Questo perché esso si manifesta nell’istante in cui le tensioni distruttive di coloro che l’animano si uniscono per agire, nel momento in cui donne e uomini liberi decidono di sperimentare concretamente l’anarchia. Ora che l’esperienza del Nucleo Olga si è conclusa, posso solamente assicurarvi che ho trovato nuove ragioni per alimentare il mio odio e motivi per desiderare la distruzione dell’esistente, fatto di autorità, sfruttamento e distruzione della natura.

Amore a complicità per le sorelle e i fratelli che con le loro azioni, in ogni parte del mondo, rendono reale il folle sogno della FAI/FRI.

Amore e complicità per le compagne e i compagni che, anonimamente o meno, continuano ad attaccare in nome della possibilità di una vita libera dall’autorità.

Amore e libertà per tutti i prigionieri anarchici.

Viva l’internazionale nera dei refrattari all’ordine mortifero della civilizzazione.

Viva l’anarchia!


Nicola Gai


Ferrara settembre 2013

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